Psicosi delle 4:48

Fa freddo di notte non dormi non dormi non dormi, la punteggiatura non sempre aiuta ma bisogna conoscerla per sapere come smettere di usarla, e la bocca sa di metallo arrugginito. Mmm, che buono. Non dormi, ma il bicchiere? Dov'è il bicchiere? Se è insonnia che almeno sia ben idratata, l'acqua sa di plastica. "E voglio giocare a nascondino e darti i miei vestiti e dirti che mi piacciono le tue scarpe e sedermi sugli scalini mentre fai il bagno e massaggiarti il collo e baciarti i piedi e tenerti la mano e andare a cena fuori e non farci caso se mangi dal mio piatto". Buio, buio ma illuminato dalle luci, nemmeno di notte ci si può scambiare i segreti, c'è sempre una luce di troppo - per i maniaci del controllo. Tachicardia  notturna appena ti alzi e fai le scale di corsa, ma il corpo sa che sei sveglio? "E guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e l’altro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te". Chiodo fisso, lo chiamano il pallino. Tu ce l'hai. Mica uno, tanti. Paranoia e compulsione, che brutto mix, da serial killer. Di sicuro non funzionerà, va bene solo per un bacio, una cosa così, con la lingua, facile da capire. E poi vi sentirete che tira da dentro ma lascia perdere, non è abbastanza intelligente per andare oltre. The black hole è troppo profondo, la vergognosa tela del ragno rimangiatela [scusami, non voglio farti questo]. Puoi fermarti, se c'è un momento giusto, è questo. "E non capire perché credi che ti rifiuti visto che non ti rifiuto e domandarmi come hai fatto a pensare che ti avessi rifiutato e chiedermi chi sei ma accettarti chiunque tu sia e chiedermi perché non mi credi e provare un sentimento così profondo da non trovare le parole per esprimerlo". Non sai cosa sia ma sai che non funziona, c'è qualcosa, parla la tua lingua ma non vi capite - qualcosa c'è. Sarebbe già successo, altrimenti [succede subito oppure mai]. Il pallino: rimbalza di continuo nella testa. Fai finta di niente ma sei il tipo di persona che certe cose le sa. Peggio per te. L'insonnia ti mangia un pezzo dal basso, forse un piede, mastica. Eviti i pensieri per non cadere nella trappola del buio, benissimo, abbiamo un attacco di vigliaccheria. A questo ci penserai domani, mh? Solo il sonno può salvarti dal pallino, e da tutto il resto. L'orologio si porta via le ore in modo vergognoso, senza pietà. Che schifo, un attimo fa era l'ora di cena e adesso sono le quattro di mattina. Quegli stronzi uccelletti tra poco inizieranno a chiamare il sole, c'è un suono più fastidioso di quello? Il tempo delle mele è finito, se mai c'è stato. "e chiederti di sposarmi e dopo che mi hai detto ancora una volta di no continuare a chiedertelo perché anche se credi che non lo voglia davvero io lo voglio veramente sin dalla prima volta che te l’ho chiesto e andare in giro per la città pensando che è vuota senza di te e volere quello che vuoi tu e pensare che mi sto perdendo". Non capisci? Il pallino ti tormenta, capisci sempre tutto ma questo no. L'anima irriducibile non lo accetta, non si ferma davanti a niente, brucia brucia brucia: ha fame. Gli animali sono stati sacrificati e le persone anche. La puzza di carne resta nelle pareti. Ma come si fa a dormire la notte? Hai sonno, a intervalli regolari. Non guardi niente, non fai niente. Non fai ridere né piangere - amabile nullità. L'ha detto Cíoran? Chi può dirlo. "E parlarti in un pessimo tedesco e far l’amore con te alle tre di mattina e non so come non so come non so come comunicarti qualcosa dell’assoluto eterno indomabile incondizionato inarrestabile irrazionale razionalissimo costante infinito amore che ho per te". A quest'ora ogni pensiero è spappolato. Sposta i pensieri avanti di tre ore, la sveglia te li ripropone puntuali.

Chicana


Piccolo incidente interdimensionale

Non capisco come tu faccia a sentire la mia voce. Non dovremmo neanche sfiorarci.
Chi sono? Sono la consapevolezza. Sono il futuro rivelato. La conseguenza delle tue scelte. Sono il vento dell’avvenire che soffia in anticipo. Ma sono anche le orme che hai lasciato, il segno indelebile che hai lasciato nella linea temporale, ciò che è fatto e non può tornare.
Sono tutti i tuoi infiniti te. Dal primo vagito alla fine dell’esistenza. Sono tutte le infinite combinazioni delle tue decisioni. Sono lo specchio che riflette le tue versioni alternative. Sono il te che non ha mai lasciato la ragazza del liceo. Sono il te che non ha preso quel pullman sotto la pioggia. Sono il te che deciso di tradire gli amici. Sono il te che ha ucciso. Ma sono anche il te che si è salvato. Sono il te che è riuscito ad evitare l’incidente. Il te che ha insistito finché non ha vinto. Sono le lacrime che non hai versato e i sorrisi che ti sei negato. Sono tutti gli obiettivi acciuffati all’ultimo secondo e tutte le spugne gettate al primo tentativo. Sono il te che ha preso un’altra strada. Altre milioni di strade. Incredibili sequenze incrociate di possibilità, scorrono in me fiumi di incognite.
Potrei farti vedere tutto, ma tu sei un uomo. La tua mente non è progettata per contenere tutto questo. Hai posto per una sola strada. Uscire dai tuoi confini ti renderebbe pazzo. Non puoi scavare nell’abisso profondo della conoscenza. Il rimpianto e il dubbio chiuderebbero le fauci su di te, riducendo la tua anima a brandelli.
Dunque perché tu riesci a vedere la scia di luce che lascio nella trama dell’universo? Perché riesci a sentire l’eco dell’infinito che tuona nelle mie corde vocali?
Noi non dovremmo comunicare. Tu sei uno, io sono troppi. Troppe versioni di te popolano il Macroverso del “se avessi”. Non puoi conoscerle, il tuo cervello esploderebbe in un lampo gelatinoso.
Stammi lontano, se ci tieni a te. Ignorami, prosegui per la tua strada senza guardarti intorno. Inutile affrettare il passo. Dove tu vuoi arrivare, io sono già arrivato. Ho raggiunto anche ciò che stai evitando. Sono partito dal tuo stesso punto, ma ho percorso ogni strada. Io SONO ogni strada. Quindi allontanati da me. Continua dritto, senza fretta ma senza sosta. Una volta passato il bivio, non voltarti verso la biforcazione. Fa che le tue scelte siano irreversibili nel tuo animo.
Tu sei parte di me, ma non è tempo che tu mi conosca. Non finché sarai di carne. Per ora, rimaniamo come dovremmo essere. Perfetti sconosciuti.

Mister Tenant



Condanna a banda larga

L’aria si era fatta pesante, nel Grande Tribunale.
Le pareti altissime sembravano volersi chiudere sulle spalle dell’imputato, che ora tremava di fronte agli sguardi famelici della Grande Giuria dei Leoni da Tastiera.
L’Onnipotente Giudice, Dott. Ing. Guido Maria Alberto Faccialibro, teneva stretto in pugno il gigantesco martello blu, con il pollice alzata stampato su entrambi i lati.
L’avvocato difensore aveva fatto il possibile, esibendo documenti pieni di cuori e adesivi colorati. Ma la difesa sembrava prossima a capitolare, sotto la pressione asfissiante del popolo informato, reso potente dallo statuto del WEB (Welfare degli Eccellenti Beceri).
E’ vero, aveva sbagliato. Ma era in buona fede. Tutto era nato un banale malinteso. Può succedere. Le parole sono elementi affascinanti. Le combinazioni sono infinite e gli stessi elementi, se disposti in modi diversi o espressi in momenti differenti, posso assumere significati opposti. Il messaggio viaggia da una mente all’altra e il pericolo dell’interpretazione è dietro l’angolo. Il gioco del telefono ha fatto più vittime della malaria.
Tante condanne erano state giuste. Tanti colpevoli hanno rivendicato i loro crimini, senza rimpianto alcuno. Ma tante altre pene erano state assegnate per mancanza di confronto.
La giuria è implacabile. La giuria prende per buona la prima. Non torna indietro. Sente ciò che vuole sentire ed è pronta ad attaccare, a seconda del tipo di indignazione che la moda ci ordina di seguire.
C’era la stagione della salute, quella del lavoro, quella della politica e quella del sesso.
La giuria sente la prima voce che si alza dal coro e la osanna, senza se e senza ma. Senza documentarsi, perché documentarsi è una perdita di tempo. È deleterio. Il WEB ci dà tutto, non c’è bisogno di cercare, di scavare. La pappa è già pronta ed è buona.
Dunque, l’imputato è colpevole di qualcosa che non aveva in mente, ma che gli è scappato di bocca. Il martello di Faccialibro batte forte. Una, due, tre volte. I leoni ruggiscono, protetti dai monitor. COLPEVOLE! COLPEVOLE! COLPEVOLE!
A quel punto, il movente non conta più nulla. Il reato passa in secondo piano. L’importante è punire. Punire. PUNIRE.
Che la gogna abbia inizio! Che l’umiliazione lo accompagni per il resto dei suoi giorni! Che la violenza lo colga e lo spinga all’abbandono, all’isolamento, al suicidio!
..
.
Beh, sperando che l’imputato non sia uno di quelli tosti. Di quelli che si ostinano a difendere le loro idee. Che vanno avanti, nonostante le condanne. Che credono nel CONFRONTO. Nel CHIARIMENTO. Nella COMUNICAZIONE. In quel caso, sarebbe una bella gatta da pelare.
Non esistono ancora martelli così grossi da riuscire a schiacciare coloro che, nonostante tutto, pensano ancora con la propria testa.


Mister Tenant



Boom

Smettetela, non vi crede più nessuno ormai. Volete sembrare invincibili, ma siete il prodotto di un fallimento mascherato. Annunciate la vostra follia ai quattro venti, sperando che qualcuno vi consideri. Avete montato profili social basati sul nulla. Su ciò che non siete. Aprite la vostra finestra digitale, vi affacciate e urlate al mondo che siete pazzi. Che siete diversi.
Per favore, smettetela.
Siete il modellino incartato del terzo millennio. Siete dildo difettosi per la fica umida del capitalismo. Vi lasciate infilare parole nel culo e le sparate identiche dalla bocca, spacciandole per vostre. Siete giocattoli, marionette, gli ultimi acquisti prima di Natale. Siete l’oggetto del finto desiderio di una folla di morti che obbedisce ad una scatola parlante con centinaia di canali in HD.
Volete conoscere un vero figlio di puttana? Guardatemi in faccia. Leggete il dolore tra le rughe della fronte e guardate come si trasforma in reazione. Guardate come accantono i rimpianti e metto a tacere i piagnistei. Ascoltate l’eco sanguinante della mia voce che vi dice di andare affanculo.
Assaggiate il sapore della rabbia vera, voi che vi indignate con un’emoticon e guarite malattie con un like. Guardate com’è un vero essere umano, fatto di carne e ossa e sangue che scorre in mezzo.
Questo è il dolore autentico, stampato sulle mie labbra serrate. Non la finta empatia dei vostri commenti, sotto le foto di una guerra che non state subendo.
E adesso, temetemi. Fatelo, prima che la vostra incoscienza mi costringa a farvi provare la vera sofferenza. Sono una fottuta arma nucleare, un impasto di tritolo e merda, pronto a fare il botto da un momento all’altro.
Sono il lupo cattivo che mangia voi, vostra nonna e pure il cacciatore. Poi cago il fucile e lo uso per aprire varchi. Quelli che voi trovate già aperti per aver leccato culi, io li apro a modo mio. Con i pallettoni da quarantacinque millimetri e tanta voglia di dirvi in faccia quello che penso. A tutti. Senza filtri e senza hashtag.
Non vi salverete, ragazzi. Non provateci neanche a darvela a gambe. Io vi raggiungo. Vi raggiungo tutti.
Voi siete plastica. Io sono esplosivo al platico.
Il conto alla rovescia è già iniziato.
Ecco che arriva il botto.


Mister Tenant


Donna coriandolo

Sì, vabbè, io faccio finta di crederti. Rumino qua e là sforzandomi di immaginare che dietro quel tuo silenzio ci sia un pensiero. O un ricordo. Al massimo un dolore. Ci provo, ti giuro che ti provo. Ti guardo e mi convinco che tu abbia ragione. Che ti comporti così perché sei arrabbiata. Unilateralmente arrabbiata. Suppongo che il veleno con cui mi abbeveri non possa essere figlio del caso. Deve avere un senso. E’ chiaro. Dietro c’è qualcosa. Io ci credo, lo so. Magari non te ne accorgi, ma vedo benissimo che ti stai nascondendo. Ok, non sarò il migliore a capire tutte le situazioni al volo. Non avrò sempre pronte le parole più appropriate. Sbaglio, cazzo se sbaglio! Vorrei dire ogni volta la cosa giusta, ma poi mi ritrovo tra le mani la solita banalità. Tu mi riservi un’occhiataccia di traverso. Deficiente, stai pensando. Lo sento. Sento anche questo.  La tua sciabolata mi arriva fin dietro le orecchie. Deglutisco e butto giù. Ci sono abituato oramai. Perché sei tu quella fragile. Quella da difendere. Io sono il forte. Con la pelle d’asino. Con la scorza dura. Non ho bisogno di delicatezze io. Tu magari, non io. A me rimane solo di proteggerti. Anche se non ho capito ancora bene come e da cosa. Però devo farlo perché funziona così, no? Io sono il maschio e tu la femmina. E allora ti salvo. E’ l’equazione della vita. Mi faccio concavo e ti accolgo. Tu ti aggrappi e mi fai male. Io soffro e rimango in silenzio. Tu digrigni i denti e bestemmi. Funziona così, no? E’ sempre stato così. Certo, talvolta arrivo in ritardo sul pezzo. Tu mi entri sulle gambe e mi ammonisci. Io cerco di protestare, ma mi azzittisci. Tu vaneggi e io lecco le mie ferite. Eppure qualcosa vorrei dirtela. Ma non si può. Non scherziamo. Sei angelo, non sei diavolo. Comunque vada, rimane che hai ragione tu. Per forza. A oltranza. Ovvio, io sono insensibile. Stupido. Un cretino. Che ne posso mai sapere? Hai mille volte ragione. Tu, tu e solo tu. Ora non parli. Perché dovresti? Non ho capito prima, perché dovrei capire poi? Non ci arrivo. Tu rimani un alfabeto indecifrabile, una narrazione inarrivabile, una profondità incolmabile. Povero diavolo che sono. Mi annullo per te. E lo chiamo amore. Mi dissolvo per te. Tu sei l’autocelebrazione del niente, io il sacerdote delle mosche. Nel tuo silenzio hai costruito un tempio. Anche oggi mi addormenterò con un gusto amaro in bocca. Mi rigirerò nel letto e farò l’alba. Ripenserò a tutti i vuoti che mi hai donato e a tutte le scatole chiuse che mi hai fatto trovare. Ai sogni che non mi hai fatto sognare e agl’“oggi” che hai preferito trasformare in “domani”. In confidenza, i tuoi silenzi mi snervano un po’. Alla lunga mi ci dovrei pulire i piedi sopra. Dici che non valgo niente e ricambi i miei sorrisi con smorfie di cui ignoro la natura. A ben pensarci, hai anche poco da dire. Perché le parole ti sfuggono, misera, miserissima donna-coriandolo che non sei altro.

Orofino


Dentro

Tutto non funziona come dovrebbe. Non mangio e l'insonnia poi mi addormento sul tavolo a ristorante, e nessuno vuol crederci. Che prendi? Niente, scusa, mangio solo dolci, la cartella clinica parla chiaro. Tu non dici mai le bugie perché sei coraggioso e chiedi: perché ti innamori di altri uomini? Nemmeno io le dico, il deficit dell'attenzione me lo impedisce. Rispondo per come stanno le cose. Ho bisogno di calore, tu sei un animale a sangue freddo - il tuo corpo dice: vieni che ti uccido. E allora, cerco un po' di caldo [stammi più vicino]. Poi vedi quant'è grande la tua rabbia per me. Tanto quanto l'amore. Per ogni volta che mi disprezzi c'è bisogno di qualcuno che comprenda. Che mi prenda con - sé. [Scappiamo insieme?]. Non tornare - mi dici - Anzi no, non andare. Mi dispiace, dimagrisco solo quando amo, a stare con te c'è solo abuso: cibo cibo cibo. E tutti gli altri. Vieni, mangia un po' di rabbia. E mi uccidi in ogni posizione, non c'è pace nel tuo corpo - sei il dio della guerra. Chi ha iniziato per primo non lo so. Ero già gravemente compromessa quando - il tuo occhio mi ha soppesata. Quanto vali? Chiedi in giro: il tempo che ci vuole per sospettare che mi ami e tutto il resto che ti serve per decidere che mi odi. Sei pentita? Ogni giorno. Eppure. Scusa ma quando l'ho visto ho capito subito che mi sarei innamorata, lo hai capito anche tu. Mi hai guardata e - confermo. Ho tanti pensieri, la testa mi pesa: amore puoi rompermela con una pietra e farli uscire? Prima lo amo poi pensavo di investirlo con la macchina o soffocarlo col cuscino. Per tornare, sai che non mi allontano mai davvero. Devo solo dimagrire un po'. Venti o trenta chili. Quando mi guardi non mi vedi e involvo - nella prossima vita sarò bella. Gli uomini vogliono solo scopare. La grande verità del nostro secolo. Me la ripeti come un mantra e invece. Non ne ho amato uno di quelli che dici tu. Solo grandi amori - mi fai così banale? La parola puttana ti piace perché sei misogino. Io invece sono: diamoci tutto fino al fondo. Altrimenti per una ricarica del telefono non sai che ti fanno, ogni richiesta pur di avere il nuovo iPhone - a me non serve, ce l'ho già. Quello che chiedo non si può comprare quasi mai, non amo gli uomini che sanno dare un prezzo alle cose. Il mio amore è un buco profondissimo, non tutti tornano su, ci vuole molto coraggio per entrarmi dentro. Che cerchi, che ti manca? Vita. Sono morta appena nata ma ho preso un corpo in cambio - zombie indegno, e un'altra mamma ancora piange al posto della mia. Sono una ladra. Rubo di tutto, dico sempre: non lasciatemi da sola. Non perdetemi di vista. Vi svuoto casa e poi mi impicco sul pranzo di natale, non sia mai. Rubo anche le cellule che si muovono perché il sangue sotto pompa, pelle calda e pensieri luminosi. [Resta con me, muoio di freddo e buio]. Sola: sono la donna sola più circondata da persone. Come? Non vi sento. Non capisco nessuna lingua, tranne quella che ho in bocca. Bisognerebbe essere più precisi con le parole. Pensavo bastasse baciare di più, lo sai che non sono mai stata tanto intelligente. Ops, colpa mia. Però che bello quando. Ti tremano gli occhi e la voce se lo guardi e poi ogni perversione insieme diventa un gioco - al massacro. Lasciamela questa, che sembra una felicità.

Chicana


Illusione

Affondo nel mio fango
cercando un po’ di pace
distraggo ogni mio giorno
che così vola veloce
osservo un crocifisso
ma dentro tutto tace
poi goccia dopo goccia
prevarica la luce.

Fade


Highway One

Hai mai letto Amy Hempel quando racconta della Highway One? Dice che ci sono molti punti panoramici. Io ci ho fatto un pompino su uno dei punti panoramici che dice lei. C'erano le ville e neanche una persona per cui ci era sembrato il posto perfetto per una cosa del genere. La Highway One è il posto perfetto per fare pompini senza che nessuno chiami la polizia. Il rischio dei punti panoramici è che ci si faccia prendere la mano, quello è il rischio che corre ogni ragazza che si fa portare in macchina sulla Highway One. Alcune possono raccontarlo, altre no. Per come la vedo io l'unico vero pericolo di trovarti nella macchina di un uomo sulla Highway One è fare qualcosa di molto stupido. Vedi: vomitargli sulle gambe perché ha spinto troppo forte. Vedi: girare la faccia perché gli puzzano le mutande. Le donne devono pensare a questo genere di cose, anche se gli uomini fanno finta di non saperlo. Restano sempre con gli occhi grandi così quando lo scoprono, forse perché per educazione certe cose non si dovrebbero dire. Un uomo che ho amato tanto mi diceva sempre Ma tua madre te le ha mai date due sberle per insegnarti un po' di educazione? Mia madre non credeva nei metodi repressivi, era una cazzo di hippie pacifista e bipolare. Non mi ha mai punita e infatti sono una maleducata, lo dico per evitare polemiche future. Mi limito a stare attenta a non farmi seppellire in qualche punto panoramico sulla Highway One o da qualsiasi altra parte. Per il resto, il tempo ha dato ragione alle persone che ho amato sul mio conto. Per questo ora non le amo più, e loro non amano me. Ci sono passata mille volte sulla Highway One per andare a San Francisco, una strada che non puoi immaginare se non ci sei stato però cazzo che bella. I tamales lì sono buonissimi, niente di paragonabile a quelle schifezze che fanno in città. Ecco, non lo so perché ma più ci si allontana dalla folla e più le cose hanno un altro sapore. Non ci sono posti per far pompini anche a Los Angeles? Se sai che ha una superficie di 1300 km quadrati ti sei risposto da solo. Lontano dalla gente è sempre meglio, lontano dai posti che piacciono a tutti, dove non sempre sei sicura di poterlo raccontare - o succede solo a me? Insomma a me è sempre piaciuto il modo in cui Amy Hempel descrive la Highway One e anche tutte le altre cose lontane dall'ordinario che descrive. Anche se non sempre sono sicura di poterle poi raccontare anch'io.

Chicana