L'orso e la vespa


Jack Writhe, pantaloncini rossi, una tonnellata di carne, ossa e grinta (nel suo paese di origine, dove il vulcano sbuffa e tiene alla larga i pupazzi del Regime, la chiamano “Cazzimma”). Mister F, sessanta chili di scarsi appesi a quattro ossa. Però dalla sua ha un veleno nel sangue che rende i suoi pugni punture implacabili di vespa. Costretto da un ricatto morale chiamato amicizia, Fade fa da arbitro. Mister F gira intorno con un ritmo spezzanervi, Jack attende il momento giusto. Perché la vita è così, cerca di sfiancarti. Ti gira in tondo chiacchierando, tanto rumore nelle orecchie, un mare di nulla. << Sei pronto ad andare giù, Big Jack? Più grosso sei, più rumore fai quando cadi. >> << Perché non provi a tirare qualcosa, invece di sprecare il fiato? >> Neanche il tempo di finire la frase e Mister F si fa sotto. Le mani sono aghi che si infilano ovunque, veloci e precisi. Jack non riesce a chiudere i buchi nella guardia ma incassa alla grande, non da’ segni di cedimento. Mister F continua a girare con un ghigno da maniaco stampato sul volto. Jack è impassibile. << Ti muovi troppo, piccoletto. La vita ormai è un Teatro con un palco troppo grande, se giri troppo poi ti perdi e diventi anonimo. Come gli altri. >> << Eccolo, l’uomo di mondo! Allora è meglio attendere fermi? La vita corre, Jack. Non hai tempo da perdere. >> Jack ci prova, tre colpi pesanti. Mister F schiva i diretti e riesce a coprire bene il montante. Il colpo però è una sassata e se lo sente vibrare dal braccio alle costole, fino al collo. Il sorriso si piega un attimo, poi torna più sadico di prima. << Bravo Big Jack, così mi piaci! Non permettere agli altri di dettare i tempi! >> <> << E gli unici a divertirsi sarebbero i papponi seduti nelle sedie VIP. Quelli che le mani non se le sporcano mai. >> Due sguardi complici e via con la scazzottata. Mister F punge rapido e sfianca Jack sui fianchi tondi. Writhe tira un paio di cannonate per tenerlo a bada e nel frattempo cerca la testa. Basta un colpo fatto bene e buonanotte Mister F. << Sei una roccia, Big Jack! Quanto mi diverto con te! Sei il boss finale del mio videogioco! >> << Mi piace rincorrerti Mister F. Mi aiuti a focalizzare. In questa vita fatta di cose e persone inutili, bisogna mettere a fuoco quel poco che conta. E prenderselo. >> Mister F ne piazza altri cinque o sei. Jack barcolla ma lo sguardo non cambia. Fade nel frattempo si scaccola. << Arriva la Vespa, Big Jack! Arriva il quotidiano che ti sfianca e ti logora! Arriva il dolore della mediocrità! Arrivo, CAPO! >> Una scarica da mal di testa, Jack sembra crollare. Ma l’hanno chiamato CAPO. E a lui non piace essere chiamato CAPO. Non gli piace proprio per nulla . Concentra la forza, la fatica, l’amore e la rabbia di una vita passata a combattere e tira il gancio ​ destro nel momento giusto. L’impatto è tremendo, Fade si toglie le dita dal naso e alza la testa di scatto. Mister F vola come una palla da tennis e si schianta sui bidoni di metallo. Fade tira un sospiro di sollievo e alza il braccio: << Vince Jack. >> Jack recupera il fiato. Rantola come un cane randagio dopo una corsa di trenta isolati. Poi le risate si fanno fragorose. Bell’incontro. Arriva Chicana. Si guarda intorno. A sinistra, Jack Writhe ricoperto di sudore e lividi, la faccia gonfia e il respiro di un orso. A destra, il braccio di Mister F fa capolino tra i bidoni rovesciati e saluta. Davanti a lei, Fade sdraiato su una brandina che si gratta in mezzo alle gambe. << Barbari. >> E se ne va.

Mister F




Dodici Corde


Bisogna vivere la vita a dodici corde. Sì, sei corde ti danno quella bella sensazione sui polpastrelli. All’inizio te li ritrovi neri e sanno di metallo, poi ti abitui e cominci a prenderci gusto. Puoi metterci gli accordi o correre per le scale. Puoi scegliere il virtuosismo o battere i palmi sulla cassa armonica e far battere le mani a chi ti è accanto. Insomma, tutto molto bello. Ma arriva il momento in cui devi fare il passo in più. Le dodici corde ti sfidano. Ridono, disposte a coppie, si parlano all’orecchio e ti guardano di traverso. Secondo me non ce la fa. Sulle dodici corde devi spingere di più. Devi essere convinto. Devi avere la potenza e il controllo, devi digrignare i denti e tendere i muscoli se vuoi far parlare dodici corde. Ognuno di noi ha le sue dodici corde da trovare. Cercatele e una volta che le avete tra le mani, dateci sotto. Non vi accontentate. Qualsiasi strada abbiate scelto nella vita, avrete la possibilità di percorrerla a sei o a dodici corde. La sei corde è una ragazza. E’ giovane, spigliata, romantica e conosce qualche trucchetto per farti venire forte. Ma la dodici corde è possente. E’ formosa, ha le spalle larghe. E vuole di più. Ti vuole fino all’alba. La sei corde è qualche cicchetto di troppo. Due risate, forse un pianto. Poi tiri giù mezzo litro d’acqua e sei di nuovo lucido. La dodici corde ti stende. E’ una botta di assenzio che ti brucia tutto, ti fa un nodo al duodeno e il giorno dopo ricordi tutto, ma sembrano i ricordi di un’altra persona. Vivere a sei corde lo sanno fare tutti. Non ci vuole molto. Certo, c’è chi addirittura rimane muto e muore in silenzio, senza lasciare tracce. Ma questo non deve giustificarci. Non può essere il pretesto per fermarsi a metà strada. Andate fino in fondo. E arrivati in fondo, scavate. Andate a vedere cosa c’è dall’altra parte. Non copiate il solito riff, non suonate con la moneta da un penny perché lo fa quello famoso. Non fatevi crescere i capelli per coprire il viso durante gli assoli. Piuttosto fatevi aprire la carne dei polpastrelli. Ascoltate il suono doppio che vi passa tra le mani. Mordete quel legno, fatevi graffiare dalle corde, sanguinateci su quella tastiera. Vivete. Andate oltre. Fatevi sconvolgere. Trovate le vostre dodici corde.

Mister F


Ben visti dal malocchio


Io e te non ci vedremo mai più. Il fato mi ha concesso una sola opportunità ma l’alcol ha reso tutto più veloce. Mi sei scivolata tra le dita e ora il tuo volto è già un’ombra. L’occasione mi mostra da lontano il dito medio e la seconda chance non è pervenuta. Le stelle sono disallineate, si odiano tra loro. Nato sotto il segno del vuoto, sono destinato a sprecare ogni tiro dal dischetto. Ci provo a forzare gli eventi, a cercare le possibilità. Ma ci sono forze più grandi di te e di me. Gli spiriti possono deformare i cammini. I nostri sono paralleli, non ci sarà nessun incrocio. Ma smettila. Non dipende da te. Dipende da me. Credi basti la tua volontà a riportarci faccia a faccia? No, fanciulla. L’universo si sfrega le mani e combina le molecole per far sì che i desideri vengano soppressi dalle circostanze sfortunate. Sì, ho detto Sfortuna. La sorella nera della dea bendata, con occhi di lince e la lingua biforcuta. Non dovresti scherzare su queste cose. Un po’ perché non ci credo, un po’ perché ci credo. Brava donna, credici! Prega insieme a me gli dei pagani, danzando intorno ai loro feticci. Passiamo insieme sotto le scale calpestando mattonelle rotte. Lanciamo specchi contro i gatti neri e rovesciamo il sale a tavola, sperando che nella loro ira essi decidano di rompere le regole che loro stessi hanno creato. Lasciamo che la superstizione superi il desiderio. Offriamoci come bambole voodoo e lanciamo anatemi contro le costellazioni dei nostri segni zodiacali. Facendo così, forse il corso degli eventi verrà riscritto e finalmente potrò stritolarti in un nuovo abbraccio. Io, povero mentecatto che rimane lucido solo nei momenti più inutili.

Mister F