Fetore

Lunedì, signori.
Oggi, anche oggi, è lunedì.
Quando ero uno studente, jeans scambiati con la candeggina, camicia di flanella e capelli improbabili, il lunedì era il giorno più brutto della settimana. Si tornava a scuola, si vedevano di nuovo i compagni e i professori, ed io - asociale da competizione quale ero - avrei pagato di tasca mia per svegliarmi più tardi, starmene a letto, poi magari uscire a fare due passi. Andare al porto, tra le bestemmie e i commenti calcistici degli ormeggiatori. O magari sul treno, destinazione capolinea, a guardare i pendolari e i profili austeri di una città moderna suo malgrado, una città che sotto le costruzione contemporanee conserva un cuore antico, ancora pulsante anche se con qualche battito a vuoto. 
Anche le città hanno il soffio al cuore.

Non so cosa avete fatto nel week end. In fondo, manco me ne frega più di tanto. Siete andati in giro coi vostri cari? Buon per voi. Spero solo che non siate usciti di casa per sotterrarvi in quelle casse da morto collettive dei centri commerciali. Spero che siate andati a pranzo fuori, magari in un bel agriturismo di campagna, fuori città. 
Vi immagino così: un Supersantos preso dal portabagagli dell'auto, un lancio di esterno collo decisamente fuori misura, una corsa goffa e affaticata insieme ai vostri bimbi per agguantare il pallone prima che precipiti da una scarpata o si conficchi in una pozzanghera fangosa. Infine, il candido vociare di vostra moglie che vi guarda da lontano come il più coglione del creato e vi avvisa che il tavolo è pronto e potete andare a sedervi. A ordinare. A mangiare. A bere. A far finta di interessarvi delle chiacchiere dei commensali. A dire la vostra opinione su cose di cui non avete un'opinione. A chiedere il conto. A pagarlo. A salutare gli amici, se ci sono. A promettervi di rifarla un'altra volta, una bella scampagnata così. A entrare in auto. A mettere in moto e a tornare a casa.

Ecco. Messa così, sembra davvero un'esperienza poco invitante. Anzi, decisamente una giornata da non vivere.
Eppure.
Incredibile a dirsi, c'è molta più vita in una giornata del cazzo come quella che in tutte le stramaledettissime giornate che butterete nelle fosse comuni degli shopping center e degli outlet.
In quell'esterno collo sbagliato, in quella corsa goffa, nello sguardo rassegnato della vostra compagna c'è l'Umanità, con tutte le sue schifezze, le sue bassezze, le sue noie e le sue routine. Ma c'è, cazzo.
Io ne sento il fetore.

Nei centri commerciali, invece, io non sento niente.
Nemmeno il fetore.


Jack Writhe 


Nessun commento:

Posta un commento