Chiariamoci: è solo una galleria di maschere. Sono accanto alle giacche, tra i pantaloni stirati e le camicie inamidate. Il mio vanto ad alta intensità emotiva. Una collezione raffinata che ho raccolto in tanti anni. E chissà quante altre ancora ne dovrò trovare. Perché a me piace indossarle. Sentire il vuoto che si crea tra i miei lineamenti e la parete zigrinata della maschera. Ogni mattina apro l’armadio e le osservo. Ne ho per ogni occasione. Certo, qualcuna ancora mi manca. Ma io vado a nastro. Non mi fermo. Esploro, cerco, cado. Riprovo. Tento. Azzardo. Le maschere te le devi meritare, come i galloni in guerra. Ho anche quelle in versione affranta. Perché la rappresentazione del dolore è puro mood e io te lo faccio rimbalzare tra le gengive. Dovunque ci si possa trovare: in strada, tra la polvere, o sopra un divanetto pink che più pink non si può.
Mi piacciono le mie maschere. Le indosso con una certa disinvoltura. All’inizio non era così. Mi stavano un po' strette. Non calzavano proprio a pennello. Talvolta scivolavano sul più bello, rimediando figure di merda a manetta. Ma ora sono diventato bravo. Anzi, bravissimo. Ci metto zero a spalmarmele addosso. Riga a destra o riga a sinistra. Da buono o da cattivo. Da serafico o da polemico. Io ci sono sempre. Con la mia bella faccia di cartone. Magari a te potrà dare un pò fastidio. Potrai schifarmi. Evitarmi. Giudicarmi. Ma non sarò più ipocrita di te. Perché ci vuole dignità per sostenere il peso di una maschera. Ci vuole onestà intellettuale. Ci vuole la schiena dritta e i polsi fermi. Che credi? Che sia facile smontare tutto il giocattolo e ricominciare daccapo? Ci vuole coraggio ad alzarsi tutte le mattine e resistere. Ricacciare ogni lacrima e dipingersi un sorriso. Alzarsi, ma volere in realtà rimanere al tappeto.
Io serro il nodo alla cravatta e affino il mento. Non vorrei farlo, ma così funziona. Oggi questa maschera, domani un altra. Così io non mi spezzo, ma guadagno un centimetro al giorno. Il mio fronte è in costante movimento. Avanza. Piano, ma inesorabile. A fine giornata in qualche modo ci arrivo anche io. Solo allora, nella solitudine del mio privè, mi libero di ogni orpello e pensando al domani grido : à la guerre comme à la guerre.
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