Io sono vivo

Allento la pressione sull'acceleratore. Sono in anticipo, stavolta. Accarezzo con gentilezza l'asfalto dell'autostrada, prima che il percorso ci costringa a lasciarci.
Tra poco le luci svaniranno e verrò inghiottito dal buio della provinciale. Uno di quei bui che ti odiano, che vogliono vederti spalmato su un albero dopo una curva presa troppo di corsa. Uno di quei bui conditi da un filo di nebbia che sale all'improvviso e si spalma sul parabrezza quel tanto che basta da farti sentire debole per un attimo.
Ma non è ancora il momento. Il sole resiste, mentre scivola lentamente dietro le colline verdi come la speranza di arrivare illeso alla meta. E mentre volteggi tra le curve seducenti di questa provinciale tirata giù come uno schizzo di sperma asfaltato, tra mandrie di vacche e casolari abusivi, pensi a te.
A quello che sei, a quello che stai facendo. A dove sei arrivato e a dove pensi di arrivare. A tutti gli sgambetti che ti ha fatto la vita, e a quello che sarà capace di farti da qui al momento in cui finirai sottoterra.
Quello a cui stai pensando dovrebbe farti piangere, urlare, tirare pugni sul volante così forti da spaccare lo sterzo.
E invece sorridi.
Perché dopo ogni sgambetto, tu alla vita le hai mostrato il dito medio. Dopo ogni tiro mancino ti sei rialzato, ti sei calato le braghe e hai mostrato il tuo culo peloso alla sorte maligna. Dopo ogni bestemmia tirata tra i denti, hai trovato il modo di risolvere il problema. Anche se solo per qualche giorno.
Pensare al futuro. E’ questo che rende quelli come me ridicoli. Pensare al prossimo anno. Al prossimo mese. Alla prossima settimana.
Quelli come me devono pensare solo a oggi, proiettati verso domani. Se concentro le energie per far sì che la giornata che si concluda non sia l'ultima, avrò il piacere di svegliarmi la mattina dopo e dire alla vita, o a Dio, o a chi cazzo governa questa cosa del tempo, dello spazio e dell'esistenza: "Ciao stronzetto, io sono ancora qui."
Anche oggi, io sono vivo.

Mister F


Infinito

Non mi sono mai accontentato. Non è da me rimanere su questo puntino azzurro, perso nell'immensità dello spazio.
E' per questo che ho viaggiato. Ho attraversato miliardi di chilometri, sentito la brezza chimica delle stelle sfiorarmi gli zigomi. Ho goduto del caldo lussurioso di Venere. Ho innalzato castelli e scavato pozzi nella terra rossa di Marte. Ho graffiato il manto verde dell'Aurora Boreale, creando striature azzurre e viola. Ho saltato di asteroide in asteroide, ho fatto il miglior tempo sugli anelli di Saturno. Ho messo a segno triple da standing ovation, insaccando le lune di Giove nell'immensa rete nebulosa del Granchio.
Ho sbaragliato i confini del sistema solare, percorrendo la Via Lattea contromano. Ho indossato la cintura di Orione e, cavalcando il furioso Pegaso, ho esplorato la tana dell'Orsa Maggiore. Ho ingannato lo spazio e il tempo, sorpassando la luce sulla corsia di emergenza. Con il dito medio alzato. Ho raccolto il fiato di tutte le correnti interstellari ed ho urlato in un buco nero, spingendo l'eco della mia voce negli universi paralleli.
Ho capovolto le galassie con lo schiaffo della gravità, facendole roteare come eliche brillanti. Ho goduto del terrore infinito che domina le strisce di vuoto che intercorrono tra i corpi celesti. Ho assaporato il silenzio assoluto, quello che ti entra nel cervello e spalanca le porte della conoscenza.
Per un impercettibile e infinito attimo, io ho visto tutto.
Tutto.
Infine, danzando nelle tempeste solari, sono tornato a casa. Giusto il tempo di riposarmi un po’ e prepararmi per il prossimo viaggio.

Mister F

Mama Wata

L’Uomo delle Rune si è spinto troppo oltre, dicono le streghe ma la loro lingua è incomprensibile, nessuno lo sa e lui non le capisce, forse le sente, a volte, di notte, quando è solo e tutte le stelle non sono abbastanza per la sua anima. La strega con gli occhi veggenti lo guarda e lo sa subito che è perso, non sa dove sta andando, non conosce i venti e le direzioni che fanno prendere agli uomini, quanto possono spingerli lontano. Si siede accanto a lui e dice Conosci la storia di Mama Wata? Intorno al fuoco, gli spiriti gridano il suo nome e uccidono i tori per lei. Quante lacrime, quante lacrime, Ay Mama Wata, Ay Oshun, Ay mj Erzulie. Stai attento alla donna dell’acqua perché di notte si trasforma in un pesce e fa annegare i pescatori. Il suo simbolo è un cuore trafitto con tre fedi perché la sua anima è sempre tormentata, nonostante ami tanti uomini e tanti uomini uccidano nel suo nome serpenti e tori non si sente mai felice, Erzulie Frida sempre piange. Mama Wata è l’acqua, non ti fidare dell’acqua. Ma l’Uomo delle Rune pensa di sapere tutto. Dall’altro mondo, gli spiriti dicono al suo orecchio che la protezione delle rune non basterà, I tuoi simboli vivono nel bene – gli dicono. Attento al voodoo – gli dicono. Il cerchio sa tutto, conosce il passato e il futuro, e l’Uomo delle Rune vorrebbe guardarci dentro, scoprire i segreti perché è curioso. Di notte, Mama Wata diventa una sirena e uccide gli uomini curiosi chiamandoli nell’acqua. La strega vestita di bianco accende le candele e dice Se vuoi guardare, guarda ma non passare il limite, nel libro che cerchi c’è già scritto tutto ma se non capisci le parole allora gli spiriti diventeranno neri e saranno contro di te, ti indicheranno la direzione sbagliata e Oshun farà scorrere i fiumi al contrario per allontanarti dal porto più sicuro ma l’Uomo delle Rune non ascolta la strega e non ci crede, e non ha paura del male. Mama Wata ascolta il silenzio, lo sente da lontano, sente che parla anche quando non dice niente perché è impossibile nasconderle qualcosa. Sta ferma ad ascoltare giorno e notte, e sente che il suo cuore non si calma mai e la terra si muove e respira e non trova pace perché l’Uomo delle Rune da lontano vuole guardare nel cerchio, vuole uccidere tori e decapitare serpenti, e chiamarla per nome perché non crede alla paura. La strega dice Lei aspetta, aspetta che tu dica le parole perché solo quello le interessa, e poi non tornerai indietro perché la strada sarà dritta fino alla fine. L’Uomo delle Rune viene dal buio e pensa di conoscerlo a memoria, di notte cammina a occhi chiusi, Non credo alle tue storie. Erzulie piange, non le basta nessuna cosa come a lui non basta quello che può toccare e su cui riesce a mettere gli occhi, si tormenta, maledice il mondo. Quando pensa Mama Wata lo sente, e lui non ci crede ma sa che è vero. Chiede al vento di dirle qualcosa prima che sorga il sole. Ogni notte il vento le porta un messaggio. Le parole dell’Uomo delle Rune hanno dentro un freddo che quando vengono dette la pelle le si alza come squame di pesce e diventa tutta blu.


Chicana


Due

“Anche nell’oscurità ti seguirò” gli disse, nascondendo il volto sulla parete scrostata.
“Non c’è bisogno” le rispose lui, accendendo il lume e infiammando la stanza. Erano solo due giovani che volevano prendersi per mano, non cercavano altro. Erano due simmetrie perfette, due algebriche equazioni di amore.
Spostò la seggiola spingendola verso il tavolo. Poi le cinse la vita e le sollevò le vestì.
In quell’angolo di suburra, Lentulo fu tutto per lei: orizzonte, mare, spiga di grano e macina.
Dalle sue cosce un rivolo di sangue le raggiunse la caviglia. Il pavimento ebbe un sussulto e divenne porpora. Lei si morse un labbro e immaginò di essere nell’Ade. Si rivide libera e leggiadra come una dea, irragiungibile, inespugnabile.
“Moriamo insieme” gli sussurrò, mentre i suoi sedici anni si raddoppiavano e i capelli color mogano ingrigivano nella notte levantina.
“Muoio solo io” le rispose Lentulo. Poi afferrò il suo pugio e si trafisse il petto. Ne uscì una farfalla, quindi un zampillo di acqua: solo allora capì di poterla lasciare.
Seguì una lacrima, il silenzio e infine il vento che fece sbattere la porta. Poi più nulla.


Orofino