Allento la pressione sull'acceleratore. Sono in anticipo, stavolta. Accarezzo con gentilezza l'asfalto dell'autostrada, prima che il percorso ci costringa a lasciarci.
Tra poco le luci svaniranno e verrò inghiottito dal buio della provinciale. Uno di quei bui che ti odiano, che vogliono vederti spalmato su un albero dopo una curva presa troppo di corsa. Uno di quei bui conditi da un filo di nebbia che sale all'improvviso e si spalma sul parabrezza quel tanto che basta da farti sentire debole per un attimo.
Ma non è ancora il momento. Il sole resiste, mentre scivola lentamente dietro le colline verdi come la speranza di arrivare illeso alla meta. E mentre volteggi tra le curve seducenti di questa provinciale tirata giù come uno schizzo di sperma asfaltato, tra mandrie di vacche e casolari abusivi, pensi a te.
A quello che sei, a quello che stai facendo. A dove sei arrivato e a dove pensi di arrivare. A tutti gli sgambetti che ti ha fatto la vita, e a quello che sarà capace di farti da qui al momento in cui finirai sottoterra.
Quello a cui stai pensando dovrebbe farti piangere, urlare, tirare pugni sul volante così forti da spaccare lo sterzo.
E invece sorridi.
Perché dopo ogni sgambetto, tu alla vita le hai mostrato il dito medio. Dopo ogni tiro mancino ti sei rialzato, ti sei calato le braghe e hai mostrato il tuo culo peloso alla sorte maligna. Dopo ogni bestemmia tirata tra i denti, hai trovato il modo di risolvere il problema. Anche se solo per qualche giorno.
Pensare al futuro. E’ questo che rende quelli come me ridicoli. Pensare al prossimo anno. Al prossimo mese. Alla prossima settimana.
Quelli come me devono pensare solo a oggi, proiettati verso domani. Se concentro le energie per far sì che la giornata che si concluda non sia l'ultima, avrò il piacere di svegliarmi la mattina dopo e dire alla vita, o a Dio, o a chi cazzo governa questa cosa del tempo, dello spazio e dell'esistenza: "Ciao stronzetto, io sono ancora qui."
Anche oggi, io sono vivo.
Mister F
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