Tira vento.
Muove tutto, scombina i piani. Pensavi andasse in un modo invece poi arrivata una folata di vento e tocca ricominciare. Il vento si porta via i castelli di carte, i castelli di sabbia, i castelli di buone intenzioni. Il vento porta a passeggio le chiacchiere, i pettegolezzi. Il vento soffia sulle lingue biforcute e sulle bocche farcite di promesse. Il vento te le tira fuori. Da domani sarà così, da lunedì comincio la dieta. Poi passa il vento e tutto scompare. Il vento mi spintona, è un bullo. Dovrei contrastarlo, dovrei stare in posizione neutra. Me l’hanno insegnato a teatro. Metti i piedi paralleli, larghi più o meno come le spalle. Pieghi le ginocchia e rilassi le spalle. Così quando arriva il vento non ti sposti. Io invece ho i piedi piatti, le punte dirette alle dieci e dieci. Dondolo come un sacco da boxe, mi muovo come quei pupazzi gonfiabili dei saloni di automobili all’aperto. Dove fischia il vento e sembra che ti chiami, ma in realtà ti sta prendendo in giro. Fischia e poi si gira. Che vuoi? Mica ti ho chiamato. Il vento poi si ingrossa, gonfia il petto, allarga le spalle. Le sue, le tue rimangono rilassate. Il vento diventa forte, diventa tempesta, bufera. Il vento si porta via tutto. Gli ideali, i giuramenti. Puoi gridare quanto vuoi, tanto nel vento non ti sente nessuno. Ti torna tutto in bocca e se gridi troppo forte ti si sloga la mascella e il vento si porta via pure quella. Rimani con la lingua penzoloni, una bandiera bianca che si arrende alla forza del vento. Perché è il vento a decidere, tu puoi farci ben poco. Quello che puoi fare è accettarlo prima di ritrovarti nell’occhio del ciclone. Prepararti alla tempesta che spazzerà via tutto. Porterà via tutte le parole senza sostanza, quelle senza ganci a cui aggrapparsi. Porterà via tutto il superfluo, finché non rimarrà solo ciò per cui valga la pena respirare.
Understand, it’s time to get ready for the storm.
Mister F
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