Giochi senza lacrime

Abbandonato sul letto come un pupazzo usurato, vedo mia moglie avvicinarsi. Si fa cingere dal mio braccio. Si appoggia sul mio petto. Piange.
Non lo biasimo. Quando hai quel periodo in cui pensi "finito questo, mi rilasso" e ti rendi conto che quel periodo dura da almeno tre anni, è giusto e doveroso lasciarsi andare per un po'.
La stringo, cercando di farle uscire più lacrime. Perché le lacrime assorbono il peso che hai nella testa e poi quando escono ti ripuliscono. Ti svuotano, ti fanno sentire più leggero. Come quando sudi via l'alcol nelle serate estive.
Lei si gira e mi chiede: "E tu, quando piangi? E' un sacco di tempo che non piangi. Ti fa bene, ogni tanto."
Rimango interdetto. Io non piango, di solito.
Beh, il fatto è che per piangere, qualcosa deve arrivare a pizzicarti il cuore. E il mio, in effetti, è un po' difficile da raggiungere.
E' come ritrovarsi a Giochi senza frontiere. Te lo ricordi, quel programma? In realtà si chiamava Jeux sans frontières, era un format francese. Ma i francesi lo hanno scopiazzato da Campanile sera, presentato da Mike Bongiorno. Anche se non lo ammetteranno mai.
Ecco, raggiungermi il cuore è un po' come partecipare a quel gioco.
Prima devi scalare sei o sette cinte di mura. Sono alte, scivolose e a volte cola dell'olio bollente lungo la pietra.
Se riesci a superare quelle, devi tuffarti nella palude di fango e scavare, scavare. Aprirti un varco nella melma delle decisioni sbagliate, dei ricordi amari, della rabbia incontrollabile, delle sbronze evitabili.
Se riesci ad uscirne vivo, devi saltare i ponti tagliati. Senza cadere nei precipizi tra gli estremi dei rapporti recisi, dei legami interrotti, a volte per amor proprio altre per paura.
Solo a quel punto, sarai arrivato a destinazione. E quando vedrai quella sacca pulsante piena di sangue contrarsi in maniera spasmodica, basterà una leggera schicchera con pollice e indice (oppure con il medio, alcuni la fanno così) per creare un terremoto. Di quelli che spaccano la terra, fanno tremare le montagne, mentre il cielo urla e gli stormi fuggono. Conoscerai il volto dietro la maschera, il trucco del mago sarà svelato e forse, dico forse, vorrai con tutto il cuore tornare indietro. Ridere davanti al primo muro e tornare a casa. Ma non sarà possibile.
Perché una volta che vedi il vero volto di un essere umano, non te lo scordi più. Ti rimane addosso come un livido. E ogni volta che lo vedi, realizzi che niente è come sembra. Che la verità sa essere terribile, se vuole. Può spezzarti le ginocchia, invalidarti a vita.
Quindi meglio evitare. Meglio che mi tenga il peso nella testa.
Finché ci riesco, meglio non piangere.
Meglio per tutti.

Mister Tenant


Nessun commento:

Posta un commento