Quando arrivai a Paradisonia, mi accolsero a braccia aperte. Un esercito di sorrisi di plastica e tette al silicone. Erano tutti contenti, ma non sapevano perché.
Mossi i primi passi all’interno della città, guardandomi intorno con sguardo interdetto. Ville sontuose adagiate su chiazze di verde purissimo. Sogni fatti di mattoni rossi e grigi. Nessuno era invidioso dell’erba del vicino. Tutta l’erba era perfetta.
Mi portarono al Bar della piazza principale. Completamente spoglia di monumenti. Neanche una targa per ricordare qualche povero stronzo caduto in guerra. Poi mi spiegarono che da Paradisonia, nessuno era partito per la guerra. A Paradisonia, nessuno sapeva cosa fosse la guerra.
Entrai nel Bar e chiesi un amaretto con ghiaccio. Mi risero in faccia. A Paradisonia, nessuno sapeva cosa fosse l’alcool. Mentre mandavo giù a forza un succo d’arancia, provai ad infilarmi in qualche discorso. Fu in quel momento che le mie ginocchia tremarono.
Non erano vere e prove discussioni. Ognuno dava ragione all’altro. L’ambientalista diceva che dovevamo salvare la natura. E tutti gli davano ragione. L’emiro diceva che il petrolio era il futuro. E tutti gli davano ragione, anche quelli che due secondi prima l’avevano data all’attivista verde. L’animalista difendeva i diritti di cani, gatti, coccodrilli e anche dei due leocorni. E tutti gli davano ragione. Il vegano diceva che gli onnivori erano assassini. E tutti gli davano ragione. Il dietologo diceva che la carne doveva essere presente nella nostra dieta. E tutti gli davano ragione. Anche il vegano.
Tutti avevano ragione.
Poi magari, rinchiusi nelle loro case perfette, ognuno continuava a fare il cazzo che voleva. Ma tanto avevano tutti ragione, quindi i problemi non esistevano.
Quando mi resi conto della situazione, chiesi gentilmente al barista di accompagnarmi sulla terrazza dell’edificio, per fare una foto panoramica di quella bella città. Giunto in mezzo alle parabole della tv satellitare, che farciva di merda i crani della gente e li assicurava che “anche oggi, a Paradisonia, va tutto bene”, sentii il vento soffiarmi il faccia. Il vento, l’unica cosa ancora viva a Paradisonia.
Sotto gli occhi attoniti del barista, feci uno scatto in avanti e mi lanciai verso la piazza. Quella piazza dove non avevano messo neanche una fottuta fontanella, non sia mai qualcuno avesse avuto da ridire sullo spreco dell’acqua.
Splat! Finalmente una chiazza di sangue, in questa città perfettina del cazzo.
Mister F
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