Volubili tracce di fuoco

Al fuoco non si mente. Difficile sdoppiarlo o aspergerlo con carte tarocche. La mente si libera assottigliandosi come carta carbone mentre i volti fluorescenti di una filigrana dorata sfumano ogni imperfezione epidermica. Diventano morbidi i pensieri, si addolciscono felpati. Introducono  movimenti setosi, a tratti sapienti, con gesti che si ripetono millenari, quasi fossero il tocco misurato della terra in procinto di partorire uomini e nutrie.

Non c'è cattiveria innanzi al fuoco, come potrebbe essercene? Egoismi e invidie scoloriscono nel bitume nero della vita, serpenti luciferini soccombono sotto il piede della Vergine. Ci si ammanta del calore contadino e alle parole pronunciate per ferire si preferiscono comprensibili silenzi che non ammettono interruzioni.

Il fuoco espelle il tempo, tutto il resto rappresenta una consistente fetta di inutile minuteria. La fisica e la biologia brillano nella brughiera e gli orologi resettano i rintocchi: con le mani si pettinano i capelli una, mille, un miliardo di volte.

Guizzi sulla brace, legna tosta che arde in un pingue amplesso d'amore, il camino - tac bum bam - eleva al quadrato i ricordi. L'ambiente è pura metafisica cui guardare assorti in attesa che anche l'ultima scintilla ascenda al cielo. E al tizzone, in lenta agonia, vengono affidate preghiere di vita in cui si contaminano prodromi di morte

Orofino


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