Della pochezza, dell'insipidità e della polenta al sugo di lepre

“Sissignore”. Ascolta come lo pronuncio bene. “S I S S I G N O R E”. Mi piace ripeterlo, perchè la mia voce diventa melliflua, come un balsamo cardiaco. E’ un’inflessione che arriva da lontano. Sin da piccolo sono stato educato a piegare il capo. E ti dirò: è una condizione alla quale ci si abitua presto, con una certa facilità. Di padre in figlio, di matrice in matrice.

“Sissignore”. Come un gesto meccanico che ripeto senza domandarmi il motivo. Tanto poco mi importa. Anzi, m’interessa un fico secco. Il conflitto mi indispone, merito la pace e della delega faccio la mia bandiera. Che poi, cosa pensi, che sia l’unico? Anche se da qualche parte una radio gracchia “And love...it won't last kissin' time”, io accetto la mia sorte e non cerco brighe. Insieme a me una turba di uomini e donne con cui all’unisono sosteniamo le volte del cielo ripetendo come un mantra “Sissignore”. Che sia bianco o nero, alto o basso, non ci indisponiamo, ma diventiamo duttili, accondiscendenti, disponibili.

Ci accomodiamo a tavola con le braccia conserte, perchè così ci hanno insegnato. Un padre carmelitano intona il “Te Deum”. A turno diventiamo il Nazzareno e ciascuno offre il proprio costato, purchè si faccia in fretta, purchè ci si lasci stare. Affidiamo ad altri le rivolte. I pensieri immacolati ci disgustano. Non aneliamo alla parte giusta della Storia. E neppure a quella sbagliata. Ci accontentiamo di quella che vorranno riservarci. Tanto noi, piegati dall’oboedientia ventri, avremo sempre poco da dire e scarse riserve di energia cinetica. Fauna di periferia, siamo destinati a orizzonti corti, spesso fumanti e al dente. Ma va bene così. Anche se finiamo per essere di frequente seduti sul banco degli imputati, ci basta scambiarci uno sguardo d’intesa per mondare le nostre coscienze e pensare che tanto non poteva che finire così.

Partano altri lancia in resta. Non siamo gente da battaglie. Ci muoviamo dinoccolati nelle retroguardie dove una scatola di biscotti la si busca comunque. Siamo meri esecutori, punto e a capo. Vogliamo che si parli al nostro stomaco, la mente è una scatola ingombrante in cui deportiamo a stento pensieri pornografici. Abbiamo due armi sole, la forchetta ed il coltello. Non c’è fretta, gringo, i muscoli non sono tesi. In qualche modo, il nostro momento arriverà.

Orofino


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