Punti i pugni sul lavandino. Ti appoggi di peso, quasi volessi farlo sprofondare nel bagno di quel vecchio cacacazzi del piano di sotto. Solo quando ne trovi la forza, alzi lo sguardo verso lo specchio.
Qualche ruga corre allegra sotto gli occhi. E’ anarchia totale, tra i peli ispidi della tua barba incolta. La carnagione bianca come il marmo, come la neve sporca davanti agli hotel di lusso a Cortina, come il foglio dove non hai il coraggio di trasformare in inchiostro i tuoi pensieri malati. Macchie di rosso qua e là. Sfoghi di rabbia che battono sottopelle, bocconi amari masticati e inghiottiti tante di quelle volte che ormai sono solo grumi di succhi gastrici.
Mentre gli occhi ancora abbottonati fissano con sdegno la figura riflessa, nella testa riecheggia la stessa domanda di sempre.
Quante altre volte ancora?
Quante altre volte ancora dovrai svegliarti al mattino vergognandoti di ciò che è successo la notte precedente?
Quante altre volte ancora dovrai soccombere alle tue dipendenze, a quei bisogni malati che ti accarezzano la mente e la rendono poltiglia da dare in pasto ai ratti che corrono nei vicoli nel tuo inconscio?
Quante altre volte ancora dovrai sentire l’unghia del rimpianto entrare tra le piaghe dei tuoi fallimenti?
Quante altre volte ancora dovrai salire sulla giostra delle buone intenzioni e sentire la cintura di sicurezza sganciarsi proprio sul ciglio del giro della morte, facendoti precipitare contro questa realtà di terra, sassi e cadaveri di sogni?
Quante altre volte ancora dovrai offendere quel riflesso, sputargli addosso, maledirlo in eterno senza trovare una reazione? O una soluzione?
Non ti sei mosso di un millimetro, ma sei sfinito. Il cervello bolle, ma non esce nulla di buono. Mentre lanci l’ultima occhiata avvelenata all’ombra di te stesso, concludi come sempre chiedendoti: Quante altre volte ancora si ripeterà questa scena?
Mister F
Mister F
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